Romanzo di Matteo Bussola – Einaudi Stile Libero, maggio 2020
Trama
«Cominciai a scrivere a mia moglie dopo che aveva del tutto smesso di amarmi».
Con questa frase fulminante si apre L’invenzione di noi due, romanzo di Matteo Bussola pubblicato nel 2020 da Einaudi Stile Libero.
Il protagonista, Milo, è sposato da quindici anni con Nadia. Ma qualcosa si è spento: lei non lo guarda più, non lo ascolta, non condivide nulla. Rimane con lui forse per abitudine, forse per paura, forse perché non ha trovato il coraggio di andarsene. Milo, però, non si rassegna. Continua ad amarla e a voler salvare quel che resta del loro rapporto.
Un giorno decide di scriverle… fingendosi un altro. Inizia così una corrispondenza clandestina, fatta di lettere intense, sincere, sorprendenti. Nadia, ignara, si riaccende, risponde, si espone. Milo è felice, ma anche geloso. Geloso dell’uomo che ha inventato. Perché, nel tentativo di salvarsi, si è trasformato nel suo peggior rivale.
Recensione
“L’amore è eterno, finché dura”, diceva Carlo Verdone nel suo film del 2004. E quante volte abbiamo pensato che avesse ragione?
Il matrimonio: da promessa d’amore eterno a prigione dorata. Prima il sogno, poi l’ergastolo sentimentale. Nessuno ha una ricetta per farlo funzionare, ma tutti – almeno una volta – ci hanno provato. E quando la passione evapora, resta un misto di silenzi, indifferenza e logoramento emotivo.
Di romanzi, film e serie che raccontano questo lento declino del sentimento ce ne sono a bizzeffe. Ma L’invenzione di noi due riesce a dire qualcosa di nuovo. Non lo fa con drammi urlati o colpi di scena sensazionalistici, ma con delicatezza, malinconia e – cosa rara – sincerità.
Non avevo mai letto nulla di Matteo Bussola prima. E ammetto che questa è stata una scoperta felice. Il suo romanzo è una romantica, malinconica dichiarazione d’amore di un uomo irriducibile alla realtà che gli crolla addosso. Un Cyrano de Bergerac 2.0, coniugato al presente, ambientato tra email e silenzi coniugali, dove la seduzione passa per la scrittura.
Milo e Nadia si erano conosciuti sui banchi di scuola. Lei sognava di scrivere un romanzo, lui è finito a fare il cuoco (con una laurea in architettura parcheggiata in un cassetto). La scrittura li aveva uniti una volta, e Milo spera che possa farlo di nuovo. Scrive lettere, confessa paure, desideri, frustrazioni. E scopre – forse troppo tardi – che il suo modo di amare non è lo stesso di Nadia.
Il lettore, nel frattempo, viene trascinato in questo scambio epistolare con un crescendo di empatia. Si ride, ci si commuove, si spera in un lieto fine. Che però – ve lo dico senza spoilerare – non è quello che ci si aspetta. Perché Matteo Bussola, con grande onestà, ci regala un finale amaro. Più vicino alla vita che al cinema. E forse per questo, ancora più vero.
L’invenzione di noi due è una ballata malinconica sull’amore che cambia, si trasforma, a volte si spegne. Ma che può sempre riaccendersi, anche solo con una lettera. Una lettura consigliata, soprattutto a chi è in crisi con il proprio partner. Non risolverà i problemi, ma magari vi farà venire voglia di scrivere una mail. E in certi casi, è già qualcosa.
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