Venezia, pomeriggio del 3 settembre. In una tensostruttura limitrofa all’Hotel Excelsior del Lido di Venezia, si è tenuta la masterclass più attesa dell’ultima Mostra del cinema. Quella con Kim Novak.
Presentatasi all’appuntamento con puntualità svizzera, l’attrice – che porta le sue novantadue primavere con la classe e la dignità proprie del suo tempo – ha incantato la platea per oltre un’ora, ricordando il suo passato e rispondendo alle domande dei presenti.

Aveva all’incirca vent’anni quando, sottraendosi da un’afosa estate a Chicago, con l’intento di racimolare qualche dollaro nella pausa degli studi d’arte, ha iniziato a girare gli Stati Uniti promuovendo frigoriferi come fotomodella. Portamento e fascino, sebbene acerbi, non potevano passare inosservati ed in poco tempo si è ritrovata scritturata dalla Columbia quale antagonista di Marylin Monroe. Il destino, spesso, ha ironia da vendere.
La Novak ha combattuto contro tutti e tutto per non adottare un nome d’arte. Il cognome è quindi rimasto quello delle sue origini ceche di anagrafe: Novak per l’appunto. Quanto al suo nome di battesimo, Marylin, ha convenuto anche lei fosse il caso di modificarlo. Il rischio di passare quale scontata imitazione della donna più desiderata d’America era certo.

Dapprima è stata trasferita presso  la casa delle giovani aspiranti attrici all’epoca in voga presso le maggiori case di produzione per far emergere nuovi talenti. Ancora oggi, a distanza di oltre settant’anni, ricorda con piacere quell’esperienza tanto per clima goliardico che per le amicizie consolidatesi con le altre ragazze:

“C’erano regole ferree, alle dieci dovevamo essere rientrate. Più che recitare, reagivo. Sono naturale e non so fingere. Questo mi è servito soprattutto con i registi meno talentuosi  che non aiutavano a costruire il personaggio “.

A conti fatti però, di registi dimenticabili con cui ha lavorato ce ne sono stati davvero pochi. La maggior parte ha scritto la storia del cinema:

“Billy Wilder? Lo ricordo per il suo senso dell’umorismo. Richard Quaid? Uomo generoso. Credeva in me. Siamo stati fidanzati ma nel matrimonio ho sempre creduto poco. Il partner prova a cambiarti. Alfred Hitchcock? Grande senso del controllo e del ritmo. Prima di una scena non suggeriva mai come interpretarla, lasciando all’attore l’opportunità di sentirsi libero. Ma sulle battute era inflessibile, non potevano essere modificate”.

Per quanto riguarda gli attori con cui ha recitato:

“Con James Stewart ho condiviso il successo senza tempo di Vertigo (a donna che visse due volte) anche se, quando uscito, non riscosse il consenso odierno. Stare difronte la macchina da presa con lui era come indossare un paio di pantofole molto comode. Jack Lemmon? Un fratello maggiore che mi distraeva con il suo spirito. Prima di ogni scena gridava: happy time. Ed io ridevo perdendo la concentrazione. Frank Sinatra? Un professionista ed un amico. E’ stato lui ad aprirmi gli occhi e farmi capire di essere sottopagata. Non fosse stato per lui non avrei mai scioperato per un compenso più equo. Battaglia che ho vinto proprio poco prima di iniziare Vertigo“.

Stufa di restare sotto contratto per interpretare ruoli che non sentiva suoi, fonda la propria casa di produzione:

“Per loro ero un pezzo di carne. Dovevo recitare solo parti di bionde belle e stupide. Ora gli attori sono più fortunati, possono scegliere i ruoli da interpretare.”

Ma se già contrastare le Major era sfidante, non ha potuto nulla contro il destino e la forza della natura. E’ stata una frana e più tardi un’incendio a spazzare via la sua abitazione e con essa i ricordi di una vita. Per lei si trattò di un segno del fato e decise di abbandonare la recitazione immergendosi nella sua prima passione: la pittura:

“Dipingere mi consente di essere io la regista. Non sono la tela, bensì la pittrice della mia tela. A volte mi sveglio di notte e dipingo invece che riaddormentarmi. Mi manca mio marito ma, con una persona al tuo fianco, questa libertà non puoi permettertela. A conti fatti mi piacerebbe essere ricordata come un’artista più che una semplice attrice“.

A fine incontro si è concessa all’abbraccio del suo pubblico, non lesinando autografi e selfie per non scontentare nessuno. Per ciò che rappresenta e la positività ed energia che ha trasmesso nel suo soggiorno veneziano, gli otto minuti di applausi che le sono stati tributati in sala Grande due giorni fa, quando premiata con il Leone d’Oro alla carriera, potrebbero anche sembrare pochi.

Articolo precedenteCartolina da Venezia 82 – 8 Giorno : The Voice of Hind Rajab commuove Venezia 82. Quando la bolla del cinema incontra la realtà
Articolo successivoDuse – Recensione del film di Pietro Marcello con protagonista Valeria Bruni Tedeschi

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui