L’orrore di cui è capace l’uomo è spesso l’unica cosa che ci costringe a guardare, non per il macabro, ma per il desiderio di comprendere l’abisso. E Ryan Murphy, si sa, ha un talento naturale nel trasformare questo abisso in un prodotto televisivo di successo. Dopo Dahmer e la storia dei fratelli Menendez, il catalogo Netflix accoglie il capitolo forse più inquietante della sua antologia: “Monster: La storia di Ed Gein”, disponibile dal 3 ottobre.

Serie Tv
😂: Intenso (vuoi sapere di più sul funzionamento? leggi la legenda)

​Personalmente, non avevo mai approcciato la serie antologica Monster nelle sue stagioni precedenti. Ho deciso di dare fiducia a questo nuovo capitolo proprio perché incentrato su Ed Gein, una figura che sta alla base dell’immaginario horror americano. E vi assicuro, sono rimasto “agganciato”.

​Se siete ancora indecisi, ecco i tre motivi per cui dovreste assolutamente dedicare il vostro tempo a questa nuova serie true crime.

​1. Il Cast: l’interpretazione stratificata di Charlie Hunnam

​Il primo motivo per la visione è l’eccellenza del cast, guidata da una performance attoriale incredibile. La prova di Charlie Hunnam nel ruolo di Ed Gein è stratificata: è mostruosa e al contempo disarmante, quasi tenera negli ultimi due episodi. Hunnam scompare dietro la postura dimessa e l’isolamento del “Macellaio di Plainfield“.

​L’attore riesce a creare un disagio palpabile nello spettatore, rendendo il personaggio una figura di orrore e patetica umanità. A fare da contraltare al suo isolamento ci sono le ottime interpretazioni femminili, centrali per la narrazione. Il rapporto tossico e manipolatorio con la madre, Augusta Gein (Laurie Metcalf), e le altre figure femminili presenti, sono la chiave per comprendere la genesi del “mostro”. Queste dinamiche familiari e sociali contribuiscono a rendere il dramma profondo e ineludibile.

​2. La sceneggiatura: dal trauma bellico all’orrore personale

​Il secondo motivo per cui la serie TV funziona è la sua intelligenza narrativa. La sceneggiatura non si limita a descrivere gli omicidi, ma colloca l’orrore individuale in un contesto storico più ampio e agghiacciante.

​La narrazione si colloca quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale per farci comprendere l’ondata di violenza e brutalità di cui l’umanità si era appena macchiata con l’Olocausto. Questa influenza storica, suggerisce la serie, condiziona e scatena la parte più repressa del protagonista. In questo scenario, Ed Gein modella la sua perversione prendendo a modello la figura della “Strega di Buchenwald” (interpretata da una convicente Vicky Krieps). Questo collegamento esplicito eleva la serie al di là del semplice true crime.

​3. La lettura sociologico-antropologica e il tema della salute mentale

​Questo è il motivo fondamentale per cui Monster merita di essere vista. La serie Netflix non si limita al caso individuale, ma ha un’impostazione su più livelli: sociologico, culturale e antropologico.

Ed Gein è noto per essere stato il catalizzatore del concetto di “serial killer” nel panorama culturale moderno americano. La serie esplora come la scoperta dei suoi orrori abbia frantumato la presunta innocenza dell’America rurale degli anni ’50.

​Fondamentale, in particolare negli ultimi tre episodi, è il tema della Salute Mentale. La serie solleva un dubbio etico cruciale: Ed Gein era davvero “pazzo” secondo la classificazione legale o la sua era una malvagità lucida? La domanda su chi fosse, se pazzo o meno, costringe lo spettatore a una riflessione indispensabile sulla condizione umana e sul ruolo della società che lo ha ignorato.

In conclusione: La serie Netflix “Monster: La storia di Ed Gein” non è perfettaForse otto episodi sono troppi e in alcune sezioni tendono a ripetersi e a essere ridondanti. Ciononostante, è un’operazione che merita di essere vista per il coraggio con cui scende nei recessi della psiche umana, analizzando le radici del male. Nonostante le sue lungaggini, riesce sicuramente a trasmettere allo spettatore un profondo e ineludibile senso di disagio e riflessione. Da non perdere su Netflix dal 3 ottobre.

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Roberto Sapienza
Non chiedete ad un nevrotico egocentrico  di scrivere la proprio bio. Sono Roberto Sapienza, sono un diversamente  ignorante. Leggetemi e forse capiremo chi sono
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