Biglietto:
😕 Biglietto: Omaggio

Dopo Moonrise Kingdom (2012), The French Dispatch (2021) e Asteroid City (2023), Wes Anderson torna sulla sulla Croisette con La trama fenicia (The Phoenician Scheme) con una commedia brillante e corale che ha reso celebre il suo stile.

Trama

Zsa-Zsa Korda (Benicio Del Toro) è uno degli uomini più ricchi e influenti d’Europa. Dopo un tentativo di omicidio, si ritrova costretto a coinvolgere sua figlia Liesl (Mia Threapleton), una suora, nella gestione dell’azienda di famiglia. Il loro rapporto, già difficile, si incrina ulteriormente quando vengono travolti da una vicenda internazionale di spionaggio, bugie e giochi di potere. Fra viaggi tra l’Europa e il Nord Africa, scelte morali sempre più ambigue e scontri continui, padre e figlia si trovano a fare i conti con tutto ciò che li divide… e forse qualcosa che li unisce.

Recensione

Mi permetto di scriverlo senza troppi giri di parole: Wes Anderson ha smarrito la vena creativa. La trama fenicia, purtroppo, non fa eccezione. È il terzo film consecutivo che porta in concorso a Cannes in pochi anni, e la sensazione è sempre la stessa: un grande esercizio di stile che non riesce più a dire qualcosa di nuovo.

Il film è curatissimo, come sempre: scenografia, costumi, trucco, inquadrature perfette. Probabilmente, tra un anno pioveranno le nomination agli Oscar sul reparto tecnico. Ma è come incartare un regalo vuoto. Anderson sembra convinto che basti chiamare i soliti amici attori (che accorrono sempre, va detto) per coprire le falle della sceneggiatura. Ma la verità è che una bella confezione non basta, se quello che racconti è debole.

La durata – 1h e 39 – sarebbe anche accettabile, ma ti sembra infinita. La storia fatica a decollare, si muove a fatica, e anche quando prova a toccare qualcosa di più profondo – come il rapporto conflittuale padre-figlia – resta tutto troppo trattenuto, troppo freddo. Mia Threapleton è una delle poche note positive: regge bene la scena e dà un po’ di spessore emotivo a un film che, per il resto, resta piatto. Benicio Del Toro sembra più un’icona che un personaggio vivo. Gli altri grandi nomi (Hanks, Johansson, Cumberbatch, ecc.) fanno comparsate di lusso ma restano sullo sfondo, senza lasciare davvero il segno.

Anderson rischia di diventare una specie di Woody Allen 2.0: circondato da grandi attori, rinchiuso nel suo mondo, sempre uguale, dove ogni film è perfettamente riconoscibile, ma anche prevedibile. Alla fine resta la sensazione di un film ben impacchettato ma poco coinvolgente. Si guarda, si apprezza l’estetica, ma non ti lascia nulla. E quando esci dalla sala, ti chiedi se Anderson stia davvero ancora cercando qualcosa da dire… o se si stia semplicemente ripetendo, film dopo film.

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Roberto Sapienza
Non chiedete ad un nevrotico egocentrico  di scrivere la proprio bio. Sono Roberto Sapienza, sono un diversamente  ignorante. Leggetemi e forse capiremo chi sono

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