La donna della cabina numero 10 è un film del 2025 diretto da Simon Stone, sceneggiatura di Joe Shrapnel, Anna Waterhouse, Simon Stone, basato sull’omonimo romanzo del 2016 di Ruth Ware, disponibile dal 10 ottobre su Netflix. Interpreti e Personaggi: Keira Knightley: Laura “Lo” Blacklock Guy Pearce: Richard Bullmer David Ajala: Ben Morgan Gitte Witt: Carrie
Trama
Laura “Lo” Blacklock (Keira Knightley) è una giornalista investigativa di successo, ma segnata da un trauma. La morte di una donna che aveva accettato di collaborare con lei in un’inchiesta su una ONG corrotta. In cerca di sollievo, chiede al suo capo Rowan (Gugu Mbatha-Raw) un incarico più leggero . Raccontare il viaggio inaugurale dell’Aurora Borealis, un lussuoso yacht diretto verso la Norvegia.
La nave appartiene alla misteriosa coppia formata da Anne Bullmer (Lisa Loven Kongsli), gravemente malata, e dal marito Richard (Guy Pearce). A bordo Laura ritrova il suo ex.
Il fotografo Ben Morgan (David Ajala), e conosce una donna enigmatica (Gitte Witt) nella cabina accanto. La tranquillità dura poco: una notte Laura sente un litigio violento e poi un tonfo in mare. Quando denuncia l’accaduto, le dicono che quella cabina è vuota. Ma lei è certa di aver visto la donna la sera prima. Intrappolata sullo yacht, isolata e sempre più ossessionata dal mistero, Laura comincia a indagare tra i passeggeri — finché il confine tra paranoia e realtà inizia a confondersi pericolosamente.
Recensione
Non ho letto il romanzo di Ruth Ware, ma la campagna promozionale martellante di Netflix e la presenza di Keira Knightley mi hanno convinto a dare una chance a La donna della cabina numero 10. Purtroppo, dopo 95 minuti di visione, la delusione è stata grande.
Il film di Simon Stone vorrebbe essere un raffinato giallo psicologico, sospeso tra Assassinio sull’Orient Express e un thriller alla Hitchcock. In realtà, resta impantanato in un intreccio forzato e poco credibile, dove i colpi di scena sembrano inseriti più per dovere di copione che per reale costruzione narrativa.
Gli sceneggiatori Joe Shrapnel, Anna Waterhouse e lo stesso Stone provano a dare al film un tono da mystery moderno, ma si limitano a ricalcare cliché già visti. La protagonista fragile ma determinata, l’ambiente lussuoso che diventa prigione dorata, il sospetto generale che non porta da nessuna parte.
Keira Knightley fa quello che può: è carismatica, intensa e riesce per lunghi tratti a tenere in piedi una storia che non le restituisce la stessa energia. Il suo personaggio, Laura “Lo” Blacklock, avrebbe potuto essere una sorta di Poirot al femminile, o un’eroina “hitchcockiana” in bilico tra lucidità e follia. Invece resta intrappolata in una scrittura che non osa davvero, e in una regia che preferisce l’estetica al ritmo.
La scelta di ambientare tutto su un grande yacht in mezzo al mare — un’idea che poteva generare tensione claustrofobica — finisce per produrre solo una sensazione di già visto, come se la suspense fosse rimasta a terra.
Il risultato è un thriller elegante ma senz’anima, piatto nel ritmo, prevedibile nella risoluzione, con un finale che tenta la sorpresa ma affonda nel ridicolo involontario.
Alla fine, resta la curiosità di leggere il romanzo di Ruth Ware per capire se la magia — o almeno la logica — fosse lì, prima che Netflix decidesse di cambiare rotta.
Un film visivamente curato ma narrativamente debole, che spreca un cast notevole e un’ambientazione perfetta per un mistero marino. Knightley merita di più.