Con il suo nuovo film, Nia DaCosta firma una delle reinterpretazioni più audaci del classico di Henrik Ibsen. Hedda porta sullo schermo una protagonista femminile complessa e ambigua, interpretata da una straordinaria Tessa Thompson, affiancata da Nina Hoss, Imogen Poots, Tom Bateman e Nicholas Pinnock. Disponibile su Prime Video dal 29 Ottobre.

Trama
Appena tornata dal viaggio di nozze, Hedda Gabler (Tessa Thompson) si ritrova intrappolata in un matrimonio senza passione con l’ambizioso ma ingenuo George Tesman (Tom Bateman). Nella loro elegante casa inglese degli anni ’50, la noia e il desiderio di controllo spingono Hedda a manipolare chi la circonda, fino a far riemergere un amore del passato, Eileen Lovborg (Nina Hoss), brillante e tormentata. Tra gelosia, ambizione e autodistruzione, Hedda gioca con il destino degli altri come fosse un passatempo, fino a restare vittima della propria inquietudine.

Recensione
Ambientato nell’Inghilterra degli anni ’50, il film mescola eleganza visiva e tensione psicologica, restituendo al personaggio di Hedda Gabler una voce contemporanea e ribelle. Hedda è un film che rifiuta le etichette: non è un dramma d’epoca, né un semplice adattamento teatrale. È piuttosto una radiografia dell’anima, incastonata in un involucro di velluto e fumo, in cui ogni sorriso nasconde un colpo di lama. Nia DaCosta osserva la sua protagonista con una distanza glaciale: ogni stanza è un quadro, ogni gesto un piccolo atto di ribellione.
La sceneggiatura reinventa Ibsen con un linguaggio più corporeo, più sensuale. Il desiderio, la manipolazione, l’invidia e la noia convivono. La regia si muove come un felino. Lente panoramiche, luci calde che bruciano la pelle, un ritmo ipnotico che alterna silenzi tesi e scoppi di isteria. L’estetica è sontuosa. Tessa Thompson costruisce una protagonista affascinante e terribile, a metà tra femme fatale e bambina ferita. Ogni suo sguardo è un interrogativo.
Hedda è un film che ti sfida a restare dentro il suo mondo rarefatto, fatto di desiderio e autodistruzione. Non cerca di spiegare Hedda, ma di farci sentire il suo vuoto, la sua fame di libertà. Un adattamento elegante e crudele, che trasforma il dramma di Ibsen in un rituale visivo di potere e prigionia. Non un film per tutti, ma un’esperienza che rimane sotto pelle.



























