Father Mother Sister Brother è il nuovo film del 2025 diretto da Jim Jarmusch, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 82. Nel cast: Cate Blanchett, Adam Driver, Charlotte Rampling, Mayim Bialik, Sarah Greene, Indya Moore, Vicky Krieps, Tom Waits e Luka Sabbat.

Trama

Il film intreccia tre storie diverse, ambientate in luoghi lontani tra loro – la costa del Nord Est degli Stati Uniti, Dublino e Parigi.  Ma accomunate dal filo rosso dei rapporti familiari.

Fratelli e sorelle si confrontano con i propri genitori, tra distanze emotive, silenzi imbarazzanti e conflitti irrisolti.

Recensione

Non esiste la famiglia perfetta. Jarmusch parte da una verità scomoda: non esistono genitori perfetti, né famiglie ideali. Ci sono padri egoisti, madri anaffettive, figli smarriti tra rancori e affetti mancati. Le relazioni familiari, come qualunque rapporto umano, si muovono su un terreno minato fatto di ipocrisie, silenzi, imbarazzi e incomprensioni. Con la sua consueta ironia disarmante, Jarmusch sceglie di raccontare queste fratture con tre episodi distinti, tre piccoli ritratti di famiglie imperfette.

Primo capitolo: Father Negli Stati Uniti incontriamo Jeff (Adam Driver) ed Em (Mayim Bialik), fratello e sorella che, dopo due anni, tornano a far visita al padre vedovo (Tom Waits).

L’uomo vive isolato in una baita, senza lavoro né pensione, mantenuto di fatto dai figli. L’incontro è un crescendo di silenzio, imbarazzo e goffaggine, rotto solo da brindisi estemporanei con acqua o tè.

Waits incarna un padre trasandato e manipolatore, incapace di un vero dialogo. Driver e Bialik rendono perfettamente la tensione emotiva di due figli divisi tra pietà e insofferenza, in un incontro che assomiglia più a quello tra estranei che tra familiari.

Secondo capitolo: Mother A Dublino ritroviamo una madre glaciale, interpretata da una superba Charlotte Rampling, che riceve una volta all’anno le due figlie per un tè formale. Timothea (Cate Blanchett) è precisa e timida, Lily (Vicky Krieps) più ribelle e fragile.

Qui Jarmusch lavora sul non detto: silenzi, frasi spezzate e gesti trattenuti raccontano molto più delle parole. La distanza emotiva tra madre e figlie diventa quasi fisica, accentuata dall’algida eleganza della Rampling, che restituisce una figura materna fredda, distante, incapace di accoglienza.

Terzo capitolo: Brother and Sister a Parigi, invece, due gemelli (Indya Moore e Luka Sabbat) si ritrovano orfani dopo la morte improvvisa dei genitori in un incidente aereo. Qui, finalmente, fa capolino un barlume di speranza: i due ragazzi si stringono l’uno all’altra, ricordano con nostalgia il passato e provano a ricostruire un senso di appartenenza.

È il capitolo più sentimentale, ma anche quello meno incisivo: il tono si fa più verboso e lineare, smorzando l’efficacia del contrasto con i precedenti episodi.

Considerazioni finali:

Father Mother Sister Brother è un film che ha il merito di non edulcorare la famiglia, ma di mostrarla per ciò che spesso è: un luogo di mancanze, egoismi e fragilità.

Se i primi due episodi colpiscono per forza e ironia amara, il terzo forse indebolisce l’insieme, offrendo una consolazione un po’ troppo esplicita. Eppure Jarmusch non vuole negare la possibilità di riscatto: lascia aperto uno spiraglio di speranza, quasi un invito alle nuove generazioni di figli – e futuri genitori – a non ripetere gli stessi errori.

Un film che conferma la capacità di Jarmusch di guardare la realtà senza illusioni, ma con sguardo poetico e ironico, anche quando si tratta di raccontare la cosa più universale e complessa: la famiglia.

Biglietto:
🤨 Biglietto: Di pomeriggio

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Roberto Sapienza
Non chiedete ad un nevrotico egocentrico  di scrivere la proprio bio. Sono Roberto Sapienza, sono un diversamente  ignorante. Leggetemi e forse capiremo chi sono

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