Luc Besson torna dietro la macchina da presa con Dracula – L’amore perduto (Dracula: A Love Tale), una rilettura sontuosa e malinconica del mito del conte vampiro. Il film, interpretato da Caleb Landry Jones nel ruolo di Vlad/Dracula e Zoe Sidel in quello di Mina, sposta l’azione tra la Transilvania del XV secolo e la Parigi della Belle Époque, trasformando la leggenda in una tragica storia d’amore e redenzione. Al cinema dal 29 Ottobre.

Trama
Nel XV secolo, il principe Vlad Dracula perde la sua amata Elisabeta e, accecato dal dolore, rinnega Dio. Condannato all’immortalità, si trasforma in un vampiro, destinato a vivere per sempre nell’ombra. Secoli dopo, nella Parigi della Belle Époque, Vlad riconosce in Mina, una giovane donna identica alla sua sposa perduta, la possibilità di riscattarsi e di amare di nuovo.
Tra palazzi decadenti, sogni, sangue e ricordi, il conte si trova diviso tra la sete di vita e il desiderio di liberarsi dalla maledizione che lo imprigiona da secoli.

Recensione
Dopo anni di silenzio creativo e controversie personali, Luc Besson torna con un’opera che ha il sapore di una confessione. Dracula – L’amore perduto è una dichiarazione d’intenti: il suo protagonista non è un mostro, ma una figura romantica, consumata dal rimpianto e dall’impossibilità di dimenticare. Il film intreccia, così, la leggenda immortale con l’immaginario decadente di un’epoca in cui la bellezza e la morte si sfiorano.
Il Conte Dracula di questo film non incute terrore: commuove. Caleb Landry Jones incarna un Dracula stanco del proprio potere, tormentato dal peso di un amore che attraversa i secoli. Quando ritrova in Mina la reincarnazione di Elisabeta, non si accende la fiamma della vendetta, ma quella del desiderio di redenzione. Besson lo filma come un uomo che sogna di morire, ma non può. Un anti-eroe tragico, un poeta del buio che cerca un’ultima possibilità di luce.
Non tutto funziona. Il ritmo, a tratti, si perde in una lentezza più estetica che emotiva; alcune sequenze digitali mostrano la loro natura artificiale. Ma l’intento rimane chiaro e coraggioso: riscrivere un mito, spogliandolo del suo orrore per restituirgli un’anima. Nel suo Dracula, Besson sembra suggerirci che l’amore non è salvifico ma una condanna. Un ciclo infinito di perdita e reincarnazione, un abisso in cui la passione diventa prigione. In questo senso, il film è profondamente umano.



























