Negli ultimi anni – e direi finalmente, in modo corretto e opportuno – abbiamo imparato ad usare espressioni inglesi come politically correct, shitstorm, body shaming e compagnia bella. Tutte queste parole, almeno nelle intenzioni, servirebbero a regolare i rapporti sociali e personali su basi di civiltà e rispetto.
In fondo è solo un richiamo all’educazione, quella che – almeno sulla carta – ci hanno trasmesso i nostri genitori.
I giornalisti si sono fatti paladini di questa rivoluzione, scrivendo fiumi d’inchiostro e mettendo alla gogna chi osa uscire dai binari del “consentito”. Anche il cinema non è rimasto indietro: ha redatto una specie di manuale di comportamento così articolato che, alla fine, risulta più facile camminare su un tappeto di uova.
Ma in fondo, cosa non si farebbe per costruire una società civile e rispettosa?
Semmai, il vostro inviato si domanda se il Festival sia l’eccezione che conferma la regola.
Perché durante un festival, a quanto pare, è del tutto accettabile che una nota giornalista metta in dubbio la validità del pass disabili di un collega, colpevole solo di trovarsi nella stessa fila riservata.
Durante un festival, si può assistere a due giornalisti che litigano su chi abbia la disabilità peggiore, e dunque il diritto a passare avanti.
Sempre durante un festival, è tollerato togliersi le scarpe a metà proiezione, sollevare i piedi in faccia al collega seduto accanto, e poi crollare addormentati come se nulla fosse.
E sì, durante un festival, è anche consentito fingere un malore pur di saltare una fila.
Siete sorpresi? Non dovreste. Al quinto giorno di Festival, i critici cinematografici perdono quel poco di aplomb e di buona educazione che avevano all’arrivo.
Ma state tranquilli: scriveranno articoli impeccabili sul politically correct e saranno in prima fila nel condannare ogni comportamento scorretto.
Ma adesso parliamo di cinema, che è meglio.
CONCORSO
Renoir di Hayakawa Chie
Biglietto: pomeridiano
È difficile accettare la morte di un padre. Lo sono altrettanto le sue ultime settimane di vita.
In questa storia, l’immaginazione è l’armatura di una bambina di undici anni durante l’estate più dolorosa della sua vita: il lungo addio al padre malato terminale. Commovente e delicato.
Nouvelle Vague di Richard Linklater
Biglietto: pomeridiano
Un modo originale e divertente per riscoprire un’epoca irripetibile della storia del cinema.
La Nouvelle Vague raccontata con leggerezza e freschezza da un regista americano che la sa lunga.
Die My Love di Lynne Ramsay
Biglietto: pomeridiano
La nascita di un figlio è una benedizione, ma può essere anche l’inizio di un periodo oscuro e tormentato per una neo-mamma.
Jennifer Lawrence, in una versione inedita e intensa, conquista e commuove. Palma d’Oro come migliore attrice possibile?
Il quinto giorno è finito.
Il politically correct? Speriamo di rivederlo domani… nei fatti, non solo negli editoriali.