Le recensioni contano ancora qualcosa? Influenzano davvero gli spettatori? Spostano gli equilibri al botteghino?

No, no e ancora no.

La realtà è amara ma chiara: il critico da festival è come il panda. Sta scomparendo, ma continua imperterrito a scrivere.

Soffriamo della sindrome dell’ultimo giapponese sull’isola deserta: rifiutiamo di ammettere che il nostro tempo è finito. Siamo ormai solo il rimorchio dei cari “influenzati”, a loro volta influenzati da altri, e così via.

Perché vi scrivo tutto questo?

Perché, capito lo stato delle cose, capirete anche perché l’inviato si immola pur di timbrare il cartellino.

Ovvero: sedersi in sala, anche con corpo e mente a pezzi.

Al nono giorno, l’inviato è stanco, irritabile, mezzo addormentato. Eppure non molla.

In fila davanti alla sala si mostra sveglio, attivo. Finge di chiudere un pezzo rimasto in sospeso, mentre le luci sono ancora accese.

C’è chi scrive, chi commenta il film appena visto, chi cerca di fingere lucidità.

Poi le luci si abbassano. E la verità emerge.

In sala si assiste a uno spettacolo nello spettacolo:

il collega con la testa rovesciata, svenuto;

quelli “composti”, ma con la bocca aperta;

le teste che ciondolano a ritmo di stanchezza;

i dormiveglia disperati, aggrappati all’ultimo filo di concentrazione;

e i fachiri, addormentati in posizioni improbabili.

I peggiori? Quelli svegli ma completamente attoniti, ormai incapaci di capire ciò che vedono.

Eppure, le recensioni usciranno. Puntuali, online, come da programma.

Chiamatelo pure mestiere.

Quando leggerete una recensione da festival, non chiedetevi se è lucida o giusta.

Chiedetevi: in che giorno è stata scritta?

Nono giorno. Quattro film. Eccoli:

Un Certain Regard

Homebound di Neeraj Ghaywan

Biglietto: pomeridiano

In un mondo dove la lotta per i diritti civili è ancora quotidiana, fa impressione vedere che nell’India di oggi l’ascensore sociale si inceppa davanti al sistema delle caste.

Un film amaro, soprattutto per chi crede ancora nei sogni.

Le città di pianura di Francesco Sossai

Biglietto: pomeridiano

Difficile dire di no all’ultimo bicchiere offerto da Dori e Carlobianchi, anche per un astemio dichiarato.

Il Veneto, la provincia, e due nuovi vitelloni in cerca di senso e sbronze.

Concorso

The History of Sound di Oliver Hermanus

Biglietto: omaggio

Forse è colpa mia: sono stonato, non ho orecchio. La storia del suono, con annesso colpo di fulmine, mi ha convinto solo in parte.

Bravi Paul Mescal e Josh O’Connor, ma non basta.

Sentimental Value di Joachim Trier

Biglietto: omaggio

L’importanza delle parole: come usarle, quando dirle.

Il messaggio arriva, per carità. Il cast è buono.

Ma la parola sintesi, qualcuno gliel’ha spiegata?

Cartolina chiusa. Ora tocca a me riposare. Almeno fino al prossimo film.

Articolo precedenteDa Matilda De Angelis ad ‘Anora’, le polemiche su l’Intimacy coordinator – Abbiamo intervistato Roberta Geremicca
Roberto Sapienza
Non chiedete ad un nevrotico egocentrico  di scrivere la proprio bio. Sono Roberto Sapienza, sono un diversamente  ignorante. Leggetemi e forse capiremo chi sono

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui