Ogni volta che mi chiudo dentro la bolla di un festival, amici e conoscenti mi pongono sempre la stessa domanda:
“Ma come fai a vedere e scrivere di tutti quei film?”
La mia risposta è semplice: la passione. Finché mi dà la forza di continuare, continuo.
Negli ultimi anni, però, è arrivata un’altra domanda, molto più cruda, quasi retorica:
“Il mondo brucia e voi parlate di sciocchezze. Non ti fa senso?”
Risposta: se scrivere di cinema cambiasse qualcosa, mi fermerei subito.
Lo so, suona banale e retorico. Ma cosa dovrebbe rispondervi un inviato festivaliero? La realtà è tragica, orribile, spesso un incubo a occhi aperti. Il cinema può farsi megafono, può sensibilizzare o semplicemente regalare svago. Ma le guerre non si fermano perché escono dei film.
L’ottavo giorno della Mostra è stato quello della riflessione, del dolore. Il giorno in cui la bolla del festival si è inevitabilmente connessa con la realtà. Lo stesso direttore Alberto Barbera, quando aveva annunciato questo titolo in selezione ufficiale, si era commosso sperando che non scoppiasse una tempesta di polemiche.
Concorso:
Oggi è stato presentato The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania. Un film che probabilmente metterà d’accordo critica, giuria e pubblico almeno su un punto: le lacrime versate per Hind Rajab.
Chi era Hind? Una bambina di sei anni che amava il mare e frequentava a Gaza la “classe delle farfalle”. Nel febbraio 2024, durante l’ennesimo sgombero imposto dall’esercito israeliano, l’auto in cui viaggiava con gli zii è stata crivellata di colpi. Hind era l’unica sopravvissuta. Nemmeno l’impegno , il coraggio e sacrificio degli uomini e delle donne della Mezzaluna Rossa saranno sufficienti
Il film ricostruisce quella tragedia con precisione e dolore, restituendoci persino la vera voce della bambina. Hind non è solo una vittima innocente: è il simbolo di una guerra ingiusta e dell’impotenza di un’opinione pubblica ormai assuefatta a morti e conflitti.
Ognuno avrà sempre la propria opinione sul conflitto in Medio Oriente. Ma la voce di Hind Rajab, intrecciata al travaglio degli operatori della Mezzaluna, lascia un segno in chi guarda. Conservatela, quella reazione. Perché da lì – forse – può nascere la speranza che almeno gli innocenti smettano di pagare il prezzo di guerre senza fine.