Con Breve storia d’amore, Ludovica Rampoldi firma un esordio alla regia che sceglie la via dell’intimità più che dello spettacolo. Il film mette al centro due coppie appartenenti a generazioni diverse, interpretate da Pilar Fogliati e Andrea Carpenzano da un lato, Adriano Giannini e Valeria Golino dall’altro. Un incontro fortuito, nato quasi per caso, diventa la scintilla che incrina equilibri apparentemente solidi e fa emergere desideri, fragilità e contraddizioni che nessuno dei protagonisti aveva il coraggio di affrontare. Da giovedì 27 novembre al cinema.

Trama
Lea e Andrea, una giovane coppia apparentemente stabile, vivono una quotidianità fatta di equilibri fragili e piccole incomprensioni. Rocco e Cecilia, più maturi, sembrano invece aver trovato un ritmo solido, anche se incrinato da stanchezze emotive mai dette ad alta voce. Tutto cambia quando Lea e Rocco si incontrano per caso in un bar: un gesto di gentilezza diventa attrazione, poi confidenza, infine un legame clandestino che sconvolge entrambe le coppie. Mentre cercano di dare un nome ai propri desideri e alle proprie paure, i quattro protagonisti si ritrovano invischiati in una spirale di bugie, rivelazioni e scelte difficili, costretti a fare i conti con ciò che hanno sempre evitato: la verità su chi sono e su cosa vogliono davvero dall’amore.

Recensione
Breve storia d’amore si presenta come un film che ambisce a chiudere il cerchio tra generazioni diverse, tra ricerca di stabilità e voglia di trasgressione — e lo fa con coraggio, attraverso un debutto registico che cerca di raccontare la complessità e l’ambiguità delle relazioni moderne, senza filtri né facili condanne. Ludovica Rampoldi, al suo debutto dietro la macchina da presa, sceglie una regia che non urla mai: osserva. Si avvicina ai personaggi senza giudicarli, come se volesse capire cosa succede quando il desiderio diventa un terremoto che attraversa distanze, età e promesse. La sua mano è ferma ma discreta: lascia che siano le pause, i silenzi imbarazzati, il modo in cui un personaggio evita un abbraccio o accende una sigaretta, a raccontare ciò che non osa dire.
La Rampoldi racconta il tradimento evitando i cliché del “chi ha ragione e chi ha torto”. Qui non ci sono colpe da assegnare: solo persone che inciampano nel bisogno di sentirsi vive, anche quando sanno che quel bisogno può cambiare tutto. È un cinema dell’incertezza, dell’ambiguità, in cui la passione non redime ma smaschera — e lascia i suoi protagonisti nudi davanti a ciò che non hanno mai avuto il coraggio di confessare neppure a se stessi. Breve storia d’amore colpisce per la sincerità con cui guarda i legami umani. Non vuole offrire una morale, né consolare lo spettatore. Vuole solo raccontare quanto sia fragile il terreno su cui costruiamo le nostre relazioni, e quanto basti poco, a volte, per farle deragliare — un gesto, un attimo, un incontro che diventa punto di non ritorno. Il risultato è un film che rimane addosso come un pensiero non detto: scomodo, intimo, necessario.

























