Boots creato da Andy Parker, basato sul romanzo The Pink Marine di Greg Cope White, è composto da 8 episodi. Con: Miles Heizer, Vera Farmiga, Max Parker, Liam Oh.
Indossare una divisa, in Italia, è spesso una soluzione amara alla mancanza di opportunità.
Dimenticate questo schema.
Perché Boots, la nuova serie Netflix (8 episodi) tratta dal memoir The Pink Marine di Greg Cope White, racconta tutt’altro.
Qui la divisa non è una scelta di vita, ma una via di fuga. È la mossa tattica di un giovane gay che tenta di scappare da una casa soffocante — con una madre bizzarra e irresistibile interpretata da Vera Farmiga — e di restare vicino al suo migliore amico.
Non è il solito racconto di riscatto individuale.
Boots è un dramedy intelligente che mescola umorismo e dolore, raccontando la durezza dell’addestramento militare e l’impatto psicologico di chi prova a sopravvivere in un mondo che non lo accetta. Preparatevi a fare i conti con la storia — quella vera, dell’America anni ’80.

Tre motivi definitivi per non perdere “Boots” su Netflix
1. La resilienza del “pesce fuor d’acqua”
Il cuore della serie è l’arco di trasformazione di Cameron “Coop” Cope.
Non si arruola per patriottismo, ma per fuggire. Eppure, tra umiliazioni e marce infinite, trova nei Marine una terapia d’urto per costruire se stesso.
Vedere un ragazzo insicuro e omosessuale affrontare l’ambiente più ostile — e trasformarlo in un percorso di crescita e dignità — è la parte più autentica e soddisfacente della narrazione.

2. L’addestramento senza filtri: il dramedy come lente critica
Boots non edulcora nulla. L’addestramento militare è brutale, fisico, crudele: ci sono la fatica, la violenza e le regole assurde, degne di Full Metal Jacket.
La forza della serie sta proprio nel tono dramedy: l’ironia non serve a sdrammatizzare, ma a rendere sopportabile la realtà. È un modo per guardare in faccia la pressione — fisica, sociale e identitaria — senza voltarsi dall’altra parte.
3. Lo specchio degli anni ’80: la contraddizione del sergente Sullivan
Il personaggio più complesso è il sergente istruttore Sullivan, un uomo che nasconde la propria omosessualità dietro la maschera dell’autorità.
Non è solo il “sergente che urla”: è una figura tragica, simbolo di un’America che condanna ciò che non riesce a comprendere.
Il conflitto tra Coop e Sullivan diventa così il vero cuore del dramma — due uomini costretti a vivere la stessa menzogna, uno per paura, l’altro per sopravvivere.
Conclusione
Boots è una serie assolutamente da vedere: un racconto originale, storico e necessario.
Rilegge gli anni ’80 e l’arruolamento nei Marine con uno sguardo umano e contemporaneo.
La sua forza? Mostrare che anche un “pesce fuor d’acqua” come Cameron Cope può trovare il proprio posto — proprio dentro l’istituzione che, per legge, avrebbe dovuto respingerlo.

























