Dopo due stagioni di grande successo, Il Commissario Ricciardi torna, da lunedì 10 novembre, su Rai 1 con la sua terza stagione, riportando sullo schermo la Napoli degli anni ’30 in tutto il suo fascino oscuro. Tratta dai romanzi di Maurizio de Giovanni e interpretata da Lino Guanciale, la serie continua a raccontare le indagini del commissario Luigi Alfredo Ricciardi, uomo dal dono/maledizione di percepire le ultime parole dei morti.

Trama 3 stagione
Nella Napoli del 1933, il commissario Luigi Alfredo Ricciardi continua a indagare su delitti intricati e misteriosi, mentre il Paese è sempre più oppresso dal regime fascista. Il suo dono – la capacità di vedere i morti e ascoltare le loro ultime parole – lo tormenta, ma allo stesso tempo lo guida nella ricerca della verità e della giustizia. In questa nuova stagione, Ricciardi affronta casi che mettono a nudo non solo il male e la miseria umana, ma anche le tensioni sociali e politiche del tempo. Parallelamente, la sua vita personale entra in una fase decisiva: il commissario, da sempre chiuso e solitario, si apre finalmente ai sentimenti e al legame con Enrica, pur tra ostacoli, paure e pregiudizi. Tra omicidi, segreti e passioni proibite, la terza stagione racconta la lotta di un uomo che cerca di conciliare il dovere con il desiderio di vivere.

3 Motivi per guardare la Terza Stagione de Il Commissario Ricciardi
1. Un protagonista unico e tormentato
Luigi Alfredo Ricciardi non è il solito investigatore brillante: vive il dolore altrui in modo letterale, perché “vede” i morti e ascolta le loro ultime parole. Nel primo episodio della nuova stagione, questa capacità diventa anche una condanna emotiva, ma si intravedono spiragli di umanità e amore che rendono il personaggio più profondo e sfaccettato. È raro trovare in TV un protagonista così malinconico e poetico.
2. Un’atmosfera magistrale: Napoli anni ’30 come non l’hai mai vista
La ricostruzione storica è curatissima: costumi, fotografia e scenografie restituiscono una Napoli elegante e decadente, sospesa tra superstizione, fede e oppressione politica. Ogni scena sembra un quadro: luci calde, ombre forti e un senso costante di mistero che cattura anche chi non è appassionato di gialli. Il tutto sostenuto da una regia elegante, una fotografia curatissima e un cast corale che restituisce pienamente la forza emotiva e poetica dell’opera di de Giovanni.
3. Un intreccio tra indagine e sentimenti
Il primo episodio intreccia perfettamente il caso di omicidio con le emozioni di Ricciardi, che finalmente comincia ad aprirsi all’amore per Enrica (Maria Vera Ratti). Non è solo una storia poliziesca, ma anche un racconto di solitudini e possibilità di redenzione. Il vero cuore del racconto diventa l’evoluzione interiore del protagonista, finalmente disposto a confrontarsi con i propri sentimenti.

























