Io che non vivo è un cortometraggio che ha suscitato un forte eco ad Alice nella Città, imponendosi per la sua eccezionale lucidità e sensibilità.
Scritto, diretto e interpretato da Cristina Puccinelli, il film attinge a un’esperienza personale profonda, trasformando un dramma intimo in un racconto universale sulla perdita di memoria.
​Il film si distingue subito per la sua diversa prospettiva sull’Alzheimer, ma non è una storia sulla malattia in sé, ma sulla lotta di una figlia per non annullarsi mentre combatte il dramma.

​La Lacerazione: L’Equilibrio Impossibile di Viviana

​La protagonista è Viviana, un’attrice quarantenne già insoddisfatta e sola nella sua sfera privata e professionale. L’insorgenza della malattia che colpisce la madre la costringe a un bivio esistenziale.
​Il cuore narrativo è il difficile equilibrio che Viviana deve trovare tra il dovere di essere caregiver e la necessità di mantenere la propria autonomia di vita e la sua identità.  Io che non vivo  risuona come un monito: la gestione di un dramma così totalizzante rischia di schiacciarla e di farla cedere alla pressione di essere unicamente “la figlia che assiste”, negando ogni altra parte di sé.

​Il Realismo dei Dettagli del Declino

​La Puccinelli sceglie un realismo toccante per descrivere l’insinuarsi del dramma. I segnali della malattia non sono eventi clinici, ma dettagli quotidiani e sconvolgenti che innescano la consapevolezza in Viviana:
​L’incidente in auto, il disordine inspiegabile in casa e le prime,  confuse dimenticanze.
​A questo realismo si aggiunge la sensibilità nell’includere il dolore della madre (una superba Betty Pedrazzi), che, pur perdendo colpi, manifesta la sofferenza e la dignità di una consapevolezza che svanisce.
Biglietto:
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​Il Finale: Una Nuova Forma di Amore e di Vita

​Il finale di Io che non vivo è il culmine di questa battaglia, un atto di forza e di resilienza. Il film si chiude non con una facile soluzione, ma con la capacità di Viviana di amare e prendersi cura della madre in un modo nuovo.
​L’obiettivo finale non è solo la gestione della cura, ma mantenere saldo il legame e il rapporto affettivo, impedendo che la malattia annulli del tutto la madre e che il ruolo di caregiver annulli del tutto Viviana. È la scelta di ridefinire la relazione e la propria esistenza, fondando una nuova forma d’amore e di vita che accetta il limite della perdita, ma resiste al buio.
​Il momento in cui la famiglia ritrova una fragile pace e tranquillità simboleggia questo nuovo, difficile equilibrio raggiunto attraverso la trasformazione e l’accettazione.

​Giudizio Finale

“Io che non vivo” è un cortometraggio semplice ma potentissimo, lucido e di grande valore emotivo. Attraverso lo sguardo intimo e coraggioso di Viviana, il film interroga il pubblico sulla solitudine, sulla responsabilità e sulla necessità vitale di non annullare la propria identità. È un lavoro essenziale che lascia un segno profondo e dimostra l’eterna capacità dei legami di evolversi e resistere, anche quando i ricordi svaniscono.
RASSEGNA PANORAMICA
complessivo
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Roberto Sapienza
Non chiedete ad un nevrotico egocentrico  di scrivere la proprio bio. Sono Roberto Sapienza, sono un diversamente  ignorante. Leggetemi e forse capiremo chi sono
io-che-non-vivo-recensione-del-cortometraggio-di-e-con-cristina-puccinelli-presentato-in-anteprima-ad-alice-nella-citta-2025Io che non vivo è un cortometraggio che ha suscitato un forte eco ad Alice nella Città, imponendosi per la sua eccezionale lucidità e sensibilità. Scritto, diretto e interpretato da Cristina Puccinelli, il film attinge a un'esperienza personale profonda, trasformando un dramma intimo in un...

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