Drop: Accetta o Rifiuta, regia di Christopher Landon – Con Meghan Fahy, Brandon Sklenar – USA, 2025
Trama:
Drop: accetta o rifiuta racconta la storia di Violet, una madre vedova che decide di rimettersi in gioco dopo anni. Per la prima volta dopo tanto tempo, accetta un appuntamento galante. Si ritrova così in un elegante ristorante con Henry, un uomo affascinante che sembra perfino meglio delle aspettative. La serata parte bene, con una bella alchimia tra i due. Ma l’atmosfera cambia presto. Violet inizia a ricevere strani messaggi anonimi sul cellulare. Minacce. Ordini precisi. Non deve parlare con nessuno e deve seguire alla lettera ogni istruzione. Se non lo farà, la sua famiglia sarà in pericolo.

Recensione:
Il primo appuntamento è sempre un mix di ansia, speranza e tensione. Ma se sei una madre single e anche vedova, tutto si amplifica.
Le app di dating? Una vera roulette russa. E Violet lo sa bene. Psicologa esperta di violenza di genere (con un passato personale che la lega profondamente al tema), dopo tre mesi di chat decide di incontrare Henry. Tutto sembra perfetto. Lui è gentile, bello, carismatico. Il ristorante è quello giusto. L’atmosfera anche.
Poi arriva il primo messaggio. Il cellulare – quell’oggetto che è ormai parte di noi – diventa l’arma del ricatto. E il film cambia tono.
Non conoscevo il fenomeno dei drop meme e non pensavo potessero ispirare un thriller psicologico. Ma gli sceneggiatori Jillian Jacobs e Christopher Roach hanno avuto un’intuizione interessante: trasformare le nostre ossessioni quotidiane – la dipendenza dal telefono, l’uso compulsivo delle app di appuntamenti, la paura per la sicurezza dei propri cari – in un racconto di tensione e paranoia.
Violet si ritrova in un gioco mortale, con un nemico invisibile che la costringe a scegliere tra la vita del proprio figlio e quella di un uomo appena conosciuto. La tensione cresce, il tempo stringe, e lei deve nascondere tutto a Henry, che intanto continua ignaro la sua serata. La prima parte di Drop funziona bene: scrittura solida, tensione gestita con mestiere e l’uso efficace di uno spazio chiuso (il ristorante) che amplifica l’ansia.
Meghan Fahy inizialmente sembra non reggere il peso del ruolo. Bella presenza, certo, ma manca di intensità e carattere nelle prime fasi. Il rischio è che la tensione costruita dalla regia venga smorzata da una performance troppo piatta.
Ma poi, a sorpresa, Fahy si riprende. Nella parte centrale del film, quando finalmente vediamo in faccia il suo aguzzino, l’attrice trova il giusto tono, restituendo forza e credibilità al suo personaggio. Peccato che nella seconda parte il film cambi rotta. La scelta di spostare l’azione fuori dal ristorante, aprendo a una sorta di thriller d’azione con Violet quasi eroina da missione impossibile, rompe l’equilibrio costruito fino a quel momento. L’intimità claustrofobica della prima parte lascia spazio a una dinamica più convenzionale, con un finale scontato e poco incisivo.
Un’occasione solo in parte riuscita, ma Drop resta comunque un film interessante per gli spunti che offre. E un consiglio rimane valido dopo la visione:
al primo appuntamento, spegnete il cellulare. Sempre.